Di seguito riporto il mio discorso "integrale" alla Scuola di scienze del 5 settembre. In realtà ho avuto tempo di dire solo la seconda parte per poter lasciare spazio al dibattito, ma qui può trovare tutto il tempo.
Care colleghe e cari colleghi,
mi chiamo Paolo Biella, sono RTDa al dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze, e sono candidato alla rappresentanza al senato accademico per l’aggregazione Scienze e Medicina Chirurgia.
Purtroppo, il 2024 ha visto l’espletamento dell’ultimo bando da RTDb, la modifica da 0.5 a 0.7 punti per figura di ricercatore a programmazione, il taglio del FFO, ecc. Ripeto: ecc. Per i ricercatori in essere (es RTDA come me, ma anche gli altri) e per gli aspiranti tali si prospettano certamente tempi durissimi. Diciamocelo, sono principalmente problematiche a livello nazionale, allora perché candidarsi al Senato di questa università?
Per dirvelo, vi chiedo, a quanti di voi è capitato di domandare a una giovane collaboratrice o collaboratore se desiderasse continuare a fare ricerca in futuro, e sentirsi rispondere: “la ricerca scientifica è la cosa che mi appassiona di più, ma la strada della carriera universitaria è troppo incerta per costruirci un futuro sopra”. A me è capitato alcune volte, sentirmi dire “è troppo incerta per costruirci un futuro sopra”. Vi sembra giusto che ci sia una dicotomia tra il talento di una persona, che c’è, e possibilità di mettersi in gioco a pieno, che non c’è? E’ questa triste scollatura tra talento a disposizione e offerta, in fin dei conti un crescente senso di ingiustizia, che mi ha smosso e per cui mi candido.
I temi da affrontare sarebbero tanti: spazi, risorse, internazionalizzazione, didattica, sinergie tra dipartimenti e col settore privato, precariato. Però, la prima cosa che desidero per il prossimo futuro è che il dialogo tra ricercatrici e ricercatori sia più intenso e, soprattutto, che questo dialogo sia aperto anche alle altre figure dell’Ateneo. Bisogna capire e far capire che il problema dell’essere o di diventare ricercatore o ricercatrice è, in definitiva, il problema dell’Ateneo. Faccio un esempio concreto: si richiede innovazione nella ricerca e soprattutto nella didattica. Ma sono proprio i ricercatori a possedere il giusto bilanciamento tra l’esperienza acquisita e l’apertura all’innovazione, per forza di cose, per la loro intraprendenza, passione, permeabilità a nuove frontiere. Ecco, puntiamo, senza timore, sulle ricercatrici e sui ricercatori. Non ci servono le parole, ma ci servono gli strumenti, le risorse e gli spazi perché il talento si possa manifestare nel migliore dei modi, che i CV si possano popolare di esperienze e di titoli chiave, di modo che il periodo da ricercatore e da ricercatrice diventi davvero un trampolino di lancio professionale sotto tutti i punti di vista. In definitiva, desidero che l’Ateneo permetta il dialogo, dia strumenti ai ricercatori e punti su di loro per le sfide dell’università di oggi.